martedì, maggio 25, 2010

EARLY BIRD'S EYE VIEW


Ho comprato il mio primo libro di Haruki Murakami il 13 Ottobre 2009, in inglese, da Barnes & Noble.
Ne parlava masinutoscana, con un notevole entusiasmo; anzi, direi con quello stato d'animo che ti fa intuire si stia discutendo di un Autore con la A maiuscola, a tratti "classico", e comunque qualcosa con cui avere a che fare.

"What I Talk About When I Talk About Running" racconta di Corsa, una delle attivita' piu' distanti dalla sottoscritta per i seguenti semplici immediati motivi:

Incapacita' Fisica
Mancanza di Resistenza
L'Aura a "Sacco di Patate"

Penso con nessun'altra attivita' mi sia mai sentita piu' inetta: addirittura peggio del Salto in Alto, Salto in Lungo e tutta l'ameno corollario di esercizi che vanno sotto il nome di atletica.
Datemi da camminare per ore, in salita, sotto il sole, con la grandine che mi sfregia la faccia, con il fango che mi fa battere boccate in terra; oppure una bici lungo la "strada piu' bianca" che si possa immaginare, che mi fa bestemmiare dall'inizio alla fine, con il freddo piu' pungente di questo mondo che trasforma l'aria in stalattiti che ti trafiggono i polmoni. Tutto questo e nelle peggiori condizioni. L'accetto. Ci puo' stare: in queste situazioni orrorifiche riesco a scorgere il mio ruolo, riesco a farmene una ragione, seppur senza ragione, in realta'.

Ma la corsa NO, dio bono.
Quella e' sempre stata su di un piedistallo lontanissimo, un Mutaforma (v. Fringe:-) oscillante di Terrore e Orrore, praticata da gente davvero inesplicabile che, con passo leggiadro e ballerino, scivola su nastri di cemento, lungo argini erbosi, su sabbia umida del primo mattino: e sono sempre cosi' "credibili", perfino quelli piu' sfigati che hanno iniziato il giorno prima, fasciati in K-ways e troppo fogati.
Questo semplice interrogativo: "Perche' Loro si' e Io no?" e' rimasto latente per anni, me ne rendo conto solo ora. Solo ora che sono riuscita a frantumare questa paura. Piu' che altro era per il fatto di non poter avere la liberta' di uscire e fare la seconda cosa piu' istintiva di questo mondo, dopo il camminare: correre.

Lunedi' mi sono svegliata alle 5.10, senza sveglia (giammai) nel perfetto momento di transizione tra notte e giorno, senza traumi che-chissa'-cosa-mi-credevo, e alle 5.30 spaccate ho iniziato a zampettare gioiosa intorno a palazzoni di periferia, silenziosi e scuri, mentre l'aria fredda intorno alla bocca diventava fumo sottile. Umido, fresco e completa solitudine. Questa era la vera immagine in cui fantasticavo di trovarmi se avessi mai avuto l'ardire di correre all'alba. Era davvero cosi'. Pensavo a quanto fosse bella la sensazione di essere l'unica sveglia, perlomeno nel mio raggio visivo, con tutto quello spazio a completa disposizione: che lusso! Intrappolati con troppa gente intorno durante le ore "umane", fuori, al chiuso: sempre qualcuno all'orizzonte. Cosi' che quando ti trovi davanti ad un grande spazio vuoto, ti sembra di essere il Re del Mondo. E l'ironia e' che quando sei da sola, e' impossibile sentirsi soli: come se avere piu' "respiro" riuscisse a placare l'inutile e ti facesse assaporare un certo equilibrio sconosciuto.
Sola, per modo di dire, eccetto la presenza saltellante dei Merli, intenti nella colazione albeggiante, che riusciva ad offrire vermoni XL in gran quantita'.
Erano dappertutto: sul marciapiede, in mezzo di strada, sulle panchine solitarie, sui fili elettrici, sugli alberi, in picchiata o completamente immobili.
Poi in un preciso momento, tra la strada e il marciapiede, un piccolo gruppetto si dispone in modo simmetrico, come se ci fosse stato un richiamo comune; li stavo osservando a distanza mentre mi avvicinavo sempre piu'. Era giorno, e filtravano qua e la' dei sottilissimi raggi di sole che davano alla scena un'atmosfera aulica.
Osservavo la postura nobile dei Merli, la tenuta informale ma di classe, come se stessero indossando dei panciotti neri casual, lo sguardo rivolto verso il sole, il becco fermo e la brezzolina che muoveva il piumaggio...Ecco!
La scena in cui gli angeli si ritrovano immobili a fissare l'alba, salutando il sole che sorge...
Sono ormai le 6.30: i primi rumori, la prima gente a giro, le prime macchine.
Il primo sole della prima alba, mentre plano davanti al portone.
Pant. Smile.

SI




venerdì, maggio 07, 2010

CRONACA DI UNA CADUTA ANNUNCIATA aka BLOODY HAND


Dopo aver dormito poco l'altra notte, cosa rarissima per me dato che tocco il cuscino e ronfo, stamani appena sveglia mi dico che assolutamente nel pomeriggio mi ci vuole una bella corsetta. Penso che 35 minuti, come l'ultima volta, possano andare bene, tanto per stabilizzare questo miracolo di frequenza "podistica": dalla prima volta di 5 minuti da panico, in cui mi sembrava di non avere fiato nemmeno per pensare, piano, piano sono riuscita a vincere quest'angoscia, ho fatto pura "violenza di autoconvincimento" e, sebbene corra ancora come un fantozziano sacco di patate, perlomeno sto imparando l'arte della pazienza con piccoli passi.
Ma propri piccoli, eh.

Tempo brutto, minaccia di pioggia, vento non troppo forte, ora del dopopranzo con pochi a giro, freschino tanto da osare felpina con cappuccio che penso non mi fara' annegare in un lago di sudore.
In queste due settimane, da quando ho iniziato, mi sono resa conto che per fare il mio jogging pietoso, l'unico modo che mi faccia partire sotto i migliori auspici, e' quello di fare perlomeno un minuto di camminata veloce: una sorta di riscaldamento non-violento, in cui cerco di anestetizzarmi e di apparire felice.
Per "fare pari" con l'ora, mi faccio 5 minuti di passo davvero svelto, durante i quali nubi sempre piu' minacciose prendono campo e un ventolino innocuo sembra diventare un po' piu' serio. Che bellezza, penso.
Inizio a correre con una certa tranquillita', con tutta la mia playlist scelta ad hoc, che in modo schizofrenico spazia dal punk al jazz, cosi' da poter far fronte a qualsiasi situazione di eventuale scoramento (oh, come mi conosco bene).

Passano 5 minuti di vera pace, di vera armonia col mondo intero che manifesto con un sorriso misto tra l'ebete e il compiaciuto.
Dall'altra parte della strada, lungo un bell'argine erboso, con la coda dell'occhio inquadro un omino con un bel cane da caccia, dal muso bianco e marrone e lunghi capelli svolazzanti.
All'improvviso si ferma proprio mentre passo, si punta e mi guarda fissa, in stile statua di cera. Sorrido e penso a quanto sia bello, con un vago senso di "maestosita'", in quella posizione e da quell'altezza: sembrava davvero stesse in posa per una qualche copertina di segugi campioni e nobili, con lo sfondo di un'enorme e ricca casa vittoriana inglese e con accanto il padrone compiaciuto e snob.
Gli sorrido, mentre il padrone cerca di tirarlo via per continuare la passeggiata, ma lui si oppone fieramente. Mi viene da pensare che e' come se stesse osservando qualcosa di strano, un evento particolare, oppure che possa correre talmente male da sembrare una cagna zoppa?
Mentre mi si affollano tali inutili pensieri, mi viene in mente che sono partita un po' troppo "in tromba", con un ritmo troppo veloce, e che quindi dovrei rallentare e volare basso.

E' stata una frazione di secondo che riesco a visualizzare con un taglio fantastico e con una sequenza action alla Mission Impossible: sorrido al cane che con aria preoccupata sembra presagire qualcosa di terribile, guardo avanti, rallento la corsa a tal punto quasi da non alzare i piedi, capito su un misto di fango+ghiaino e la mia prospettiva fila che e' una bellezza in direzione totalmente orizzontale e verticale allo stesso tempo.
Mentre precipito penso che sto realmente cadendo, che potrei farmi male e la prima reazione e':"Vabbe'". Inquietante.
Il secondo dopo sono in terra, la musica si e' fermata di colpo, vedo l'asfalto e penso in quest'ordine:

Ma Vaffanculo
Guarda che idiota
Mi sa che ho rallentato troppo
E l'iPod?
Che figura di merda se l'omino col cane mi sta guardando
Tutto a posto?
Mi frizza la mano
Alziamoci
Il cane aveva visto giusto
(Sorrido)

Faccio ripartire la musica, controllo la mano piena di ghiaia e sangue, valuto che la bottarella al ginocchio non mi fa male, faccio la conta dei danni e mi dico che sto cadendo sempre meglio da quando mi sfracellavo da piccina: prima riuscivo a "spaccarmi" ginocchia e mani con una certa facilita', in casa e fuori, mentre ora me l'ero cavata con una sfregiatella alla mano e una sbuccicatura al ginocchio. Grande!
Quello in cui sono sempre stata una vera professionista e' stato il proteggermi la faccia, soprattutto i denti, sempre e comunque. Forse anche perche' sono stata vittima di minacce subliminali da parte dei miei che mi ripetevano: "Quando caschi, pensa sempre a proteggerti la faccia, che se ti spacchi i denti bisogna prendere un mutuo per rimetterli..."
E' stato una sorta di "imprinting" nel campo delle cadute accidentali. Ha sempre funzionato.

Posso continuare a correre? Sarebbe un peccato buttare questo bel tempo freschino e minaccioso...
Infatti riparto tutta felice, piu' felice di prima, pensando che il tutto sembra davvero surreale.
Mi vedo da fuori e mi trovo davanti una deficiente con due treccine spettinate, soddisfatta, con una mano e un ginocchio sanguinanti (poco per fortuna), e con la sorprendente sensazione che il dolore alla mano e al ginocchio riesca a non farmi sentire la "fatica" del correre.
Molto tipico, mi dico, ma il gioco non vale la candela, dato che la mia tolleranza al dolore e' molto maschile, ossia pressappoco vicina allo zero.
Penso a quanto mi frizzera' dopo facendo la doccia, e nei giorni seguenti, e la Principessina Sissi che e' in me bestemmia amabilmente.

Eppure questa caduta, questo dolore languoroso e questa strada grigia che mi invita ad andare avanti, mi fanno stare bene. Imploro un po' di pioggerella per sciacquarmi la ferita, ed ecco che inizia a piovere giusto, giusto perche' mi possa tirare via un po' di sangue e per rinfrescarmi dal sole che era spuntato poco prima. Mi faccio un vialone lunghissimo, di una zona industriale, mentre molti escono da lavoro, operai e manager in tiro, incastrati nel traffico, e penso a quanto sia bello filare sotto la pioggia, desiderando che la strada verso casa si allunghi un po' di piu' ogni minuto che passa. Perche' cosi' si sta bene.

Il random dell'iPod finisce su "Live High" di Jason Mraz e "Personal Jesus" coverizzata dagli Old Lemon Juice.
Il mio Ego scoppia di gioia:-)

SI