OGGI E' UN BEL GIORNO PER CORRERE
Dal Libeccio con 15° o giu’ di li’ di qualche giorno fa, siamo passati al sottozero con una certa nonchalance.
Ieri, 16 Dicembre, e’ stato uno dei giorni piu’ freddi: secco, tramontana tesa, sole che butta spilli con la tecnica bastone/carota. Torno con il freddo nelle ossa, manco fossi stata tutta la mattina al gelo e immobile. Entrando in casa mi dico che non potro’ avere nemmeno la forza di levarmi il cappottino, figuriamoci pensare di sgambettare fuori. Eppure il nefasto pensiero dura un minuto: subito dopo mi ritrovo a scaraventare borsa e strati di vestiario come se lanciassi un giavellotto ingombrante. Meglio non ripensarci, mi dico.
Agguanto l’equipaggiamento e mi infilo in bagno a cambiarmi.
Il dilemma maggiore si concentrava sul fatto di indossare una t-shirt sopra il top oppure solo una canottierina (con l’occhio destro scrutante in alto, stavo ipotizzando il solo toppettino e via, maremma incauta). Ha la meglio questo abbinamento:
top+canottiera+felpa (tutto a misura aka stretto), calzamaglia 3/4 (scartati i pantaloni lunghi secondo strato).
Fuori sono 2° circa ma, appunto, la Tramontana e’ tesa e l’abusata “percezione” si attesta decisamente allo 0° o anche meno.
Eppure c’e’ sempre quella sensazione, quella chiara sensazione, ogni volta che ci si prepara con l’abbigliamento da corsa: la realta’ diventa piu’ soggettiva del normale e la temperatura interna sembra aumentare senza spiegazione, come se fosse un codice HTML inamovibile.
Calzo tutto per bene, soprattutto le scarpe, con le stringhe strette ad hoc (la sola immagine di un paio di stringhe che si sciolgono mentre si va, e’ roba da bestemmia assoluta), le scarpe sembrano avere tacchetti tanto sono ammortizzate e sempre “nuove”, lascio passare il filo degli auricolari lentamente lungo la schiena fino alla taschina dei pantaloni, inarcandomi leggermente in un delicato stretching, cerco l’iPod, lo collego, prendo le chiavi.
Pronta.
Manca solo di passare davanti al barattolino del miele (castagno, utile per la gola e raffreddamenti, cosi’ mi sembra), estrarre un bel mezzo cucchiaino di nettare, assaporarlo un po’ e lasciare il resto in sospeso sulle papille gustative per i primi minuti di corsa. In un certo senso, e’ come se fosse un metodo di distrazione dall’attrito dei primi passi, aldila’ della razione glucidica.
Arrivo al marciapiede facendo partire iTunes, settando il Nike+GPS, con sferzate agghiaccianti che mi fanno offrire la schiena ingobbita come riparo, ma esponendo quella razione di collo-zona cervicale, tanto indifesa e candida.
“Starting Workout” mi dice la voce di questa sportivona autorevole che ad ogni KM mi fa la conta di tutto. C’e’ tanto sole, sono le 2, quelle assolate e silenziose che amplificano le sensazioni belle, e io corro. Il primo pensiero che mi attraversa la mente e’ che “Oggi e’ un bel giorno per correre, oggi e’ un giorno buono”.
Mi ritrovo a vedermi dall’esterno che biascico come una ruminante provetta o come se stessi destreggiandomi con una gomma riottosa: e’ quell’appiccichio del miele che in alcuni punti si confonde con la crema al burro di karite’ che ho messo agli angoli della bocca, quegli angoli su cui per vizio antico, soprattutto in inverno, passo la lingua, inconsapevolmente come mordersi le unghie, e che espongo ai peggiori taglietti sanguinanti della storia umana. Karite’ e miele al castagno sanno di buono, in fondo.
Altrettanto inavvertitamente il 1°KM va via liscio come l’olio: in realta’ il piu’ veloce mai fatto fino ad ora. Come mai? Sconto la goduria con crampi dal 2° al 4°KM, non intensi, solo fastidiosi. Mi dico che devo capire perche’ solo nelle ultime 3 corse ho avuto crampi che non conoscevo...Aldila’ della probabile scarsita’ di potassio e magnesio..
“Ora passa, ora passa, tranquilla..” mi suggerisco come se fossi una schizzata visionaria con le voci in testa. In realta’ sembra proprio che la corsa riesca a potenziare questo dialogo interno: si diceva con Reuven che e’ meditazione... Si’, puo’ essere questo l’alibi...
Vedrai passa e infatti passa, senza tanto clamore, passo dopo passo, mentre si anima la strada punteggiata da cani a passeggio, gente incappucciata con perizia, gli allenamenti di calciatori in erba con lo stretching piu’ idiota che si possa concepire, manichini infreddoliti alla fermata dell’autobus. E io che mi fumo l’asfalto con calma, mentre dall’8°KM mi sento sui pattini, con il bacino che cazzeggia felice e una falcata che non e’ profonda ma e’ raccolta e testarda.
Mi dico che posso arrivare fino al punto della corsa piu’ lunga, ossia 11,2KM. Perlomeno. L’entusiasmo del principiante ingenuo prende il sopravvento e arrivo a pensare “Che sara’ mai farsene 42 di KM?...Oggi e’ un peccato fermarsi...” Mi ricordo di quando sono in bici, in quelle giornate “perfette”, in cui i’Gino (aka i’ mi’ Babbo) sentenzia “Vado cosi’ bene da spaccare la bici”. Rende l’idea.
Passato il Guinness personale, mi dico che perlomeno in questa giornata baciata, posso arrivare a 15KM. 15KM! E allora perche’ non fermarsi alla mezza maratona esatta? Giusto per stabilire un punto fermo istituzionale?
Mentre mi arrovello in cotanti ragionamenti, mi accorgo improvvisamente che il sole mi sta abbandonando crudelmente, con l’immediata conseguenza di un certo raffreddamento, in particolar modo alle gambe: la parte piu’ “leggera”. Mi autoesorcizzo e mi convinco che arrivare per forza al 20esimo KM impuntandosi contro tutta la buona corsa messa insieme fin’ora, rischiando di concludere sfinita sia proprio una bischerata.
Cos’e’ 17, cos’e’ 20? “Il 17 sara’ comunque un 20, anche se si definisce 17” (cit. Billy Shake).
Non si puo’ andare contro Shakespeare, non si possono bruciare con pressappochismo 3KM preziosi. Me li centellino, me li coccolo e me li mangio la prossima volta, con lo stomaco pronto ad accoglierli.
17. Passo e chiudo.
SI